lunedì 23 aprile 2007

il mio PLE mi ha chiesto una sigaretta

Confesso che la prima volta che ho scoperto il termine Personal Learning Environment è stato come dare finalmente un nome ad un qualche cosa che da sempre restava a livello subliminare senza mai emergere alla piena coscienza. Un software strutturato in modo tale che riesca a filtrare le informazioni dal Web selezionando da centinaia o migliaia di fonti differenti e le aggreghi in pattern per me significativi: non è meraviglioso? Basta che io dica al mio fido PLE quali sono i miei interessi di studio, lavoro o diletto... et voilà ecco come d'incanto ottengo ciò che voglio. Credo che la prima idea di un PLE per molti sia proprio questa, un software che magari, con il tempo evolva in una sorta di "agente intelligente". Alla mattina ti fissa negli occhi, accende una sigaretta, e con voce roca che ricorda vagamente Bogart recita: "ho capito quello che vuoi, certo è un lavoro sporco, ma qualcuno deve pur farlo".
E' evidente che questa concezione di PLE deriva dritta dai film di fantascienza di serie B e sprigiona un certo fascino, ma direi fortunatamente possiamo scordarcela per almeno i prossimi vent'anni.

Quello che vedo emergere piuttosto è un'idea di PLE come software che integra flussi informativi e ne permette una selezione in base a keywords e, in un futuro prossimo, anche di una scansione automatica dei testi ad opera di algoritmi evoluti come la Latent Semantic Analysis o di qualche applicazione del Semantic Web.

Ma il punto di maggior valore sarà sempre quello legato alla rete sociale: la conoscenza codificata in testi è importante, ma più importanti ancora sono le persone che li hanno prodotti. Io voglio rimanere connesso ad un flusso dinamico e dialogico di persone che permetta dei feedback e risponda con sollecitudine sia alle mie richieste di aiuto che alle mie sollecitazioni.

L'agente intelligente Bogart dialoga con me, ma è come parlassi con me stesso. In realtà si è auto-modellato in base ai miei comportamenti, scelte, ideologie. Ricordo molti anni fa il successo di un programma, Eliza, del 1966, creato da uno dei guru dell'AI, che simulava così bene uno psicanalista on-line da diventare in breve tempo per gli studenti del campus una alternativa molto più economica, ma non certo efficace quanto uno psicanalista in carne ed ossa.
Noi esseri umani abbiamo bisogno di relazioni.
Il PLE deve favorirle e stimolarne la crescita, ma le relazioni dovrebbero essere selezionate non solo tra persone che la pensano come me, ma anche e sopratutto tra persone con un qualche grado evidente di difformità: sono le "differenze che producono una differenza” come acutamente notava Bateson. Non apprendo molto da chi la pensa esattamente come la penso io, apprendo di più da un confronto con chi ha opinioni differenti dalle mie: magari non cambio idea, ma mi costringe a pensare.

Senza rancore, Humphrey.











lunedì 16 aprile 2007

Social Software e LMS: integrare od abbattere?

Riassumo qui il in sintesi il mio intervento di domani alla conferenza internazionale "Nuove Tecnologie e metodologie per la formazione a distanza. Orientamenti ed esperienze a confronto" del 16 e 17 Aprile. L’iniziativa rientra nel quadro del progetto europeo E-motion E-Learning for Population Mobility.

Domanda: l'ambiente tipico delle piittaforme di e-learning influenza e modifica le modalità cognitive dell'apprendimento?

Molti ritengono di sì e anche io credo che gli LMS spesso orientino verso un modello di insegnamento/apprendimento rigido, “istruzionista” in cui chi apprende fatica ad assumere il controllo del proprio apprendimento e non riesce a costruire conoscenza in modo efficace e collaborativo. Anche se è vero che molto dipende dall'approccio didattico che viene scelto all'interno del corso: che può oscillare fra i due paradigmi estremi dell'istruzionismo e del costruttivismo sociale.
Sta nascendo in effetti un forte movimento di opinione che spinge per l’utilizzo dei social software indipendentemente da ogni LMS poiché ora ..è il Web stesso la piattaforma.
La domanda allora cambia: possono i social software divenire un ambiente di apprendimento che sostituisca gli LMS? La conoscenza nel nuovo Web è condivisa, costruita dalle persone attraverso una complessa rete di interrelazioni sociali supportate da software specializzati in una funzionalità precisa e che si integrano efficacemente tra loro permettendo di crearci un network sul quale proiettare e costruire la nostra identità virtuale, ed in unltima analisi anche un vero e proprio PLE Personal Learning Environment (anche se fra una rete sociale ed un PLE ce ne corre). In questo senso stanno faticosamente emergendo teorie(?) come il connettivismo di G. Siemens che sostengono l'importanza della connessione al pari dei contenuti, che essendo dinamici, in quanto la conoscenza per sua natura lo è, necessitano di continui accessi, conferme, scambi dialogici.
Indubbiamente nei social software c'è del buono, che fare allora con i cari, vecchi LMS?
Ci sono due ipotesi:

Ipotesi A: integrazione dei social software negli LMS
"Creiamo una funzione Wiki, una di Blog, una simi-delicious eccetera...."
Problema: alcune piattaforme l'hanno già fatto (Moodle ad esempio)ma l’implementazione è uni-direzionale, ad es. blog e wiki sono visibili solo agli iscritti alla piattaforma…ci sono le login e le password. Il mondo resta fuori! In teoria l’utente dovrebbe poter decidere cosa tenere locale e cosa rendere pubblico con diversi gradi di privacy: ad es.: gruppo-->LMS-->università-->Web. ELGG ha già reso disponibile questo fondamentale controllo agli utenti.
Ma il vero problema secondo me risiede nella distinzione fra "gruppo" e "rete sociale" che rispecchia le esigenze diverse della nostra presenza reale nel mondo fra sfera stituzionale e sfera personale (vedi ipotesi "B")

Ipotesi B: usare i social software fuori dagli LMS, ma rendendoli complementari ai processi di apprendimento attivati nella piattaforma e al tempo stesso aiutare gli studenti a sviluppare specifiche competenze di Social Literacy. Questa dovrebbe essere una sorta di Information Literacy ampliata al concetto di abilità e conoscenze relative al processo di ricerca e gestione delle informazioni mediata dalle relazioni sociali on-line.

Concludendo: non vedo il crollo del concetto di piattaforma perchè esso risponde ad esigenze tipiche delle organizzazioni sul lavoro e formative legate sopratutto ad aspetti di certificazione e valutazione degli apprendimenti. Terrei distinti i due ambienti, rivalutando la funzione pedagogica delle istituzioni con presenza formativa on-line: i momenti didattici di tipo “formale” devono necessariamente fornire agli studenti anche metodi efficaci per poi proseguire l’attività di apprendimento attraverso i social software al di fuori dei LMS.
Anche perchè una totale apertura ai social software all'interno degli LMS li metterebbe a rischio di intrusioni che potenzialmente potrebbero distruggere l'attività didattica o renderla molto difficoltosa: pensiamo solo allo spam, ai troll e agli interventi fuori tema, eccetera.
E quindi avanti, alla ricerca di un delicato equilibrio tra istituzioni, persona, società, e...apprendimento.



sabato 7 aprile 2007

Social Literacy, Webquest e ...numeri romani


Apro un nuovo post perchè le riflessioni di Natalia, Gianni , Antonio e Dodge, colgono alcuni elementi importanti che vanno chiariti e che in qualche modo costituiscono uno dei problemi fondamentali legati alle tecnologie e alla didattica: il concetto di "affordance"di uno strumento.

Vediamo le tesi a difesa delle Webquest:

1) "Tutto sommato il fatto che le risorse consigliate si trovino su Internet non è proprio essenziale." e "La webquest non è una filosofia ma una strategia didattica, una modalità operativa di affrontare uno o più problemi di didattica."
2)"WebQuests are for those times when you want to focus on history or astronomy or literature, not information literacy, and that's perhaps 80% of the time."
[Bernie Dodge]

Bene, io sono fermamente convinto che gli strumenti che utilizziamo per interagire con il mondo influenzino profondamente le nostre modalità di pensiero. Un vecchio detto di Maslow recita:

"If you only have a hammer, you tend to see every problem as a nail".

Come sarebbe la nostra società oggi se avessimo continuato ad utilizzare i numeri romani per operare con le addizioni, sottrazioni e divisioni? Provate un po' a moltiplicare

MDCCCLXXXVIII per
MCMXCIX

siete in difficoltà? Ci credo. Con i numeri romani ade sempio non puoi scrivere numeri più grandi di MMMCMXCIX (3999) (a meno di usare simboli aggiuntivi) come o anche ad occhio dire subito dalla sua lunghezza quanto grande sia il numero. Rappresentarsi numeri grandi è molto più difficile in "romano", piuttosto che in "arabo" . E' per questo che questa rappresentazione simbolica dei numeri si trova oggi solo sui quadranti degli orologi di marca e non viene insegnata a scuola e si usa invece la notazione araba con lo "zero".
Come insegneremmo oggi la matematica avendo a disposizione solo i numeri romani? Probabilmente in modo molto diverso. Certo "II + II" farebbe sempre "IV", ma in maniera sottilmente differente e direttamente correlata con le "affordance" che possiede il sistema di rappresentazione romano. Ogni artefatto (concettuale o concreto) come lo hanno intepretato ad esempio Gibson o Norman, possiede delle caratteristiche sue proprie che influenzano non solo le modalità d'uso tradizionali, ma anche quelle potenziali.

Qualè la vostra idea di vacanza se possedete solo una bicicletta? Necessariamente le vostre potenzialità "vacanziere" saranno limitate e penserete in termini di "quanti Km. al giorno posso fare senza stancarmi troppo" o "Se piove dove mi riparo?" "Ci sono salite ripide?" Se avete l'auto
il vostro orizzonte concettuale si amplia sia in termini di distanze che di potenzialità, per esempio andare a 200 Km. e tornare anche in giornata. Con l'aereo cambia ancora il contesto...e così via.

Ora, tornando alle WebQuest, perchè si chiamano così e non "Bookquest" o EncicloQuest"? Perchè ovviamente usano il Web come "luogo cognitivo" ove effettuare ricerche su temi specifici e non libri o enciclopedie.

Ma se applicassimo il metodo delle WebQuest alle vecchie ricerche su libri ed enciclopedie cambierebbe qualcosa? I fautori del metodo "indipendente" dal contesto cognitivo (e credo anche Dodge) probabilmente risponderebbero di no.
Io invece sostengo di sì.

Vorrei convincervi quindi che *non è vero* che "Tutto sommato, il fatto che le risorse consigliate si trovino su Internet non è proprio essenziale."
Invece essenziale lo è. E come!
Proprio perchè il Web possiede delle affordance sue proprie che lo rendono diverso da un qualsiasi libro, enciclopedia o testo "old style". Anche solo perchè ogni link presente su una pagina web mi invita a cliccarlo e a seguire un percorso alternativo, o anche perchè l'uso di una search engine per approfondire un topic, mi regala qualcosa come 15.756 hit.

"WebQuests are for those times when you want to focus on history or astronomy or literature, not information literacy, and that's perhaps 80% of the time."
--dice Dodge---

Questo credo sia un fraintendimento interessante, dice - qui non si parla di teorie per mettere a punto strategie di ricerca efficienti, qui ho bisogno di trovare velocemente materiale, siti su storia, astronomia, letteratura, il tempo è denaro! E i docenti devono saperlo usare bene-

"Time is scarce everywhere and teachers need to use it well, so the "walled garden" of a WebQuest keeps everyone on task. The times for exploration and developing good search strategies are separate from this."

Qui sta il problema: il tempo dedicato allo sviluppo di buone strategie di ricerca *deve* essere incluso in tutto il processo, non va visto come una componente esterna e tutto sommato anche
sacrificabile perchè il tempo è poco. Quando usciranno dai walled garden gli studenti di tempo ne perderanno a ore, e proprio perchè non hanno sviluppato adeguate competenze nella ricerca e selezione delle informazioni nella Rete.

Le WebQuest sono quindi ottimi strumenti ma...per un "futuro anteriore". L'ecosistema del Web richiede ben altro: l'interpretazione che le WebQuest (ma anche altre attività didattiche simili) danno ai contenuti, ai link, alle pagine Web è ancora quella di una "base di dati", un "repositorio di contenuti", preso pari pari dal mondo enciclopedico e dei libri di testo scolastici: attenzione, le metafore che usiamo per descrivere il mondo sono sintomatiche (George Lakoff e Mark Johnson ci hanno ragionato un bel po').
Non possiamo usare la metafora della biblioteca per il Web, è fuorviante, è come chiamare l'automobile "carrozza senza cavalli" un qualche cosa che i cavalli li ha solo come parametro di misura per la potenza del motore.

Il Web non è più (se mai lo è stato) un luogo di contenuti, ma di flussi. Flussi generati da persone che usano i testi come significante intenzionale. I punti di riferimento sono perciò le persone che definiscono la loro identità dinamicamente attraverso la scelta del loro canali RSS, dei loro tag su del.icio.us, dei loro contatti su LinkedIn....
L'"Information Literacy" diventa allora una "Social Literacy".

Devono imparare ad aggregare flussi da fonti differenti ed eterogenee, e convivere
con la crisi del "principio di autorità" di cui le folksonomie sono solo la punta dell'iceberg. Quali sono gli indicatori che prenderò in considerazione per decidere se un flusso di una persona è degno della mia attenzione? L'autorità di una istituzione a cui esso appartiene? O l'autorevolezza di una persona riconosciuta come tale *non solo* dal mondo scientifico ed istituzionale, ma anche da una miriade di persone-flussi che lo accreditano come "trusted"? Ci era arrivato anche Tim Berners Lee, per il quale il problema fondamentale del semantic Web non è tanto la semantica in sè, quanto quello della fiducia. E Wikipedia? Non ci sono forse solo testi e anonimi per giunta? No, ci sono flussi di testi, in continua revisione da parte di persone-flusso la cui somma cumulativa di forze intenzionali genera testi a cui dare fiducia.

Datemi persone, non testi. (Hey,Teacher, gimme people, not text!)


P.S. -To Dodge
Thanks for your lines Dodge. Hope I explain well my thoughts and you can understand italian,
and, hopefully, my thesis.





giovedì 5 aprile 2007

Contro le "WebQuest"


Era da tempo che volevo scrivere qualcosa sul tema WebQuest. Il metodo sembra aver ottenuto un successo notevole negli anni sopratutto tra gli insegnanti e  allora vediamo di chiarire cosa è una WebQuest: 

"Un Webquest, ha un fondamentale obiettivo, quello di rendere particolarmente efficace il tempo speso dagli allievi nella loro attività di navigazione in internet. La rete può infatti essere assai dispersiva quando non venga utilizzata avendo chiari gli scopi per i quali ci si rivolge alle informazioni in essa depositata." [Dodge, inventore delle Webquest]

“Una WebQuest è un'attività che porta gli studenti a compiere ricerche sul Web, con l'obiettivo di scoprire maggiori informazioni su un particolare argomento o tema ... Per aiutare gli studenti a impostare l'attività, vengono forniti uno scenario, la descrizione dei compiti e un insieme di risorse. Grazie a quest’attività, gli studenti acquisiranno le capacità di ricercare informazioni nella Rete, di selezionare quelle più pertinenti e di applicare ciò che apprendono al contesto più adatto...

"Gli insegnanti infatti definiscono scenario (contesto), compito, prodotto in cui raccogliere i risultati della ricerca, modo di procedere, risorse di rete da consultare, eventuali altri materiali di riferimento, ed esplicitano quali sono le conclusioni a cui sarà possibile arrivare e criteri di valutazione del WebQuest, insomma chiariscono e garantiscono allo stesso tempo il senso e il significato della ricerca..."

L'attività di progettazione di un webquest dev'essere preceduta da una ricognizione attenta delle risorse disponibili nella rete relativamente ad una data disciplina o ad un certo argomento; nonché da una organizzazione molto ordinata di queste risorse, distinguendo opportunamente tra quelle che verranno utilizzate come proposta ai discenti nel webquest da quelle che invece serviranno a far maturare al docente l'idea progettuale, che fungeranno da modello, ecc.

Agli studenti insomma si dà tutto: procedimento, selezione di links alle risorse. Il processo è estremamente analitico ed eterodiretto, che dovrebbe favorire il raggiungimento di competenze relative alla "Information Literacy", la capacità cioè di sapere:

-Quando è necessaria una certa informazione
-Dove e Come cercarla
-Come valutarla
-Come utilizzarla ed integrarla efficacemente nelle strutture concettuali

[Information Literacy Competency Standards for Higher Education, Association of College and Research Libraries, (USA)]

Bene, le Webquest sono tutto fuorchè proprio questo.

Sono una buona metodologia di ricerca che, come dice anche l'autore, può essere usata anche usando anche altre fonti non necessariamente prese dal Web. 
Ho sempre avuto l'impressione che piacessero moltissimo agli insegnanti proprio perchè rispecchiavano il paradigma tipico della scuola istruzionista: dovete fare così, con queste risorse, in questo modo.
Il problema allora è molto semplice: come è possibile che gli studenti acquisiscano competenze di Information Literacy se gli forniamo tutto su di un piatto di argento? Se gli impostiamo una ricerca su Web in un ambiente protetto in cui i link alle risorse sono scelti accuratamente ed i percorsi per la gran parte già preparati?
Quando usciranno da scuola e dovranno cercare una informazione per risolvere un problema contingente della loro vita quotidiana che faranno? Dove troveranno i "walled garden", le raccolte di link sapientemente raccolte da docenti educatori e premurosamente loro offerte?
Niente, nulla.
Quello che si troveranno di fronte sarà un bel rettangolino vuoto, questo: 
 


Internet è sua natura un ambiente de-strutturato in cui gerarchie e categorizzazioni non hanno senso (da qui il grande successo delle Folksonomie, vedi il mio post precedente) e l'iniziale successo di Yahoo (categorie) ben presto soppiantato dal modello Google (Parole chiave, o tag).
Gli diamo il pesce e non la canna da pesca, e gli insegnanti che costruiscono magari con fatica e sudore la WebQuest fanno un ottimo lavoro... ma che serve più a loro stessi che non ai loro alunni.
Il Web ormai si deve intendere come "flusso" più che come insieme di elementi statici e richiede competenze più legate alla costruzione di una rete sociale attraverso la quale filtrare le informazioni importanti che di volta in volta costituiscono il nostro "focus" (vedi anche il
recente post di Valdemarin).
Dovranno imparare a scegliere le persone della loro rete personale, sviluppare uno spirito critico nell'individuare quelle fonti RSS che sono più adeguate e aggregarle in pattern significativi.
George Siemens, nel suo
"Knowing Knowledge" (di cui ho contribuito a revisionare con piacere alcuni capitoli), parla appunto di connettivismo in questo senso.

Meno WebQuest, più educazione ai social networks, grazie.



lunedì 2 aprile 2007

Folksonomie, didattica & Co.



Ho scritto un articolo sulle folksonomie e sulle loro potenzialità didattiche circa un anno fa , e che è pubblicato su TD-Tecnologie Didattiche n.1-2006.
Inserisco qui il pdf, forse a qualcuno può interessare.
Magari ditemi cosa ne pensate...e se avete idee di come utilizzare il concetto di folksonomia nella pratica didattica.

Download PDF:
“Folksonomie” nella Rete: costruire categorie alternative, creative ed interculturali

Barcamp del 14 Maggio a Venezia (Mestre)



Mi sono iscritto al Barcamp Veneto del 14 Maggio. Ci sono persone che avrei piacere di conoscere a tu per tu in questo ambiente informale che sarà ricco di stimoli.

Domande a cui vorrei dare delle (provvisorie) risposte:
  • ci sono aziende che usano strumenti del Web 2.0 con successo?
  • ci sono stati dei problemi di accettazione di queste tecnologie?
  • gli strumenti hanno influenzato in qualche modo la gerarchia aziendale?
  • come hanno modificato il modo di lavorare delle persone?
Per quanto riguarda i temi della formazione e della scuola che al mattino avranno la loro sezione in "Junior Barcamp":
  • Quanti sono i blogger in età scolare?
  • Come usano i blog?
  • Il blog è un indicatore di successo scolastico in quanto strumento che stimola la riflessione e la metacognizione?

Mi piacerebbe avere delle risposte. Sono curioso.

domenica 1 aprile 2007

Aspettando Google Teacher Academy anche in Italia

Google Teacher Academy è senza dubbio una iniziativa importante e apparentemente innocua, ma con delle potenzialità che vanno al di là della formazione di docenti all'utilizzo didattico delle funzioni di Google...e che potrebbe mettere in crisi il concetto di scuola come lo intendiamo oggi.

In puro stile Google infatti i docenti che vogliono partecipare e fregiarsi poi della qualifica "Google certified Teacher" non devono presentare ECDL o attestati di frequenza a corsi di aggiornamento sulle TIC, ma compilare un moduletto e realizzare un video di 1 minuto:

....Each applicant to the Google Teacher Academy is REQUIRED to produce and submit an original one-minute video. You do not need to be in the video, but it MUST address one of the following topics: "Motivation and learning" OR "Innovation in K-12 schools."....

e rispondere anche ad un paio di domande:

-Describe one of your favorite teaching moments. What made it so special for you and your students?
-Describe an obstacle you encountered in your professional life and how you overcame it.

Ecco come riconoscere un docente appassionato.
Un'altra cosa interessante è il forte accento sulla creazione di una comunità di pratiche locale pur connessa ovviamente con il resto del mondo.

Upon completion, Academy participants become Google Certified Teachers who share what they learn with other K-12 educators in their local region.

Bene, ora facciamo un salto nel tempo di quattro o cinque anni, e leggiamo qualche titolo sulle news:
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1 Aprile 2012
Google apre la sua prima scuola elementare - già 300 gli iscritti, 1000 in attesa...

Google School anche in Italia - il Ministero dà l'approvazione con riserva di ispezione ministeriale...

Google paga troppo i docenti - polemiche dei sindacati , emorragia dalle scuole pubbliche. Il portavoce di Google Italia: "tremila euro non sono molti per un bravo docente" crediamo che l'impegno e la professionalità vadano premiate.

Google School: un notebook WiMAx gratis ad ogni bambino iscritto...

A Google Scuola piace la Montessori: la scuola di Google si baserà sul metodo Montessori..."abbiamo scelto il metodo Montessori perhè permette ai bambini di apprendere al loro passo, scegliendo le attività che preferiscono fra centinaia che offriamo: apprendere è un eccitante processo di scoperta del mondo
e le nostre tecnologie permettono di farlo con facilità. Essi creano spontaneamente comunità dove condividono la conoscenza on-line attraverso un sistema integrato di Personal Learning Environment (il Google PLE n.d.r.)...

Google : scuola gratis e solo offerte da chi può: Google richiederà per le sue scuole solo offerte spontanee dai genitori che svolgono attività remunerative..."gli sponsor coprono la gran parte dei costi e riteniamo che l'istruzione sia un diritto di tutti..."

1 Aprile 2014
Il Ministro: "stiamo avviando un'azione legale: l'istruzione è e deve restare una prerogativa dello Stato, Google non può...-ma, ministro, Google è una scuola privata come tante altre - " no mi scusi, quando il fenomeno nato due anni fa assume proporzioni così vaste da coinvolgere il 20% della popolazione scolastica in età di.." -ma non è che ce la avete con Google perchè vi ha costretto ad aumentare gli stipendi degli insegnanti?- E' un problema che abbiamo a lungo discusso con i sindacati che sono d'accordo con me nello stigmatizzare..." Ministro, è vero che suo figlio è iscritto alla Google School di Trastevere? - "Mi scusi ma non vedo questo cosa c'entri con ...."

1 Aprile 2018
I sindacati in piazza contro GoogleSchool: siamo pochi oggi ma sappiamo che molti sono con noi: il governo deve dire basta a GoggleSchool - vuole dire GoogleSchool - Goggle, Google quello che è..e con la sua politica meritocratica classista che non fa altro che provocare conflitti nella scuola statale...

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