Apro un nuovo post perchè le riflessioni di Natalia, Gianni , Antonio e Dodge, colgono alcuni elementi importanti che vanno chiariti e che in qualche modo costituiscono uno dei problemi fondamentali legati alle tecnologie e alla didattica: il concetto di "affordance"di uno strumento.
Vediamo le tesi a difesa delle Webquest:
1) "Tutto sommato il fatto che le risorse consigliate si trovino su Internet non è proprio essenziale." e "La webquest non è una filosofia ma una strategia didattica, una modalità operativa di affrontare uno o più problemi di didattica."Vediamo le tesi a difesa delle Webquest:
2)"WebQuests are for those times when you want to focus on history or astronomy or literature, not information literacy, and that's perhaps 80% of the time."
[Bernie Dodge]
Bene, io sono fermamente convinto che gli strumenti che utilizziamo per interagire con il mondo influenzino profondamente le nostre modalità di pensiero. Un vecchio detto di Maslow recita:
"If you only have a hammer, you tend to see every problem as a nail".
Come sarebbe la nostra società oggi se avessimo continuato ad utilizzare i numeri romani per operare con le addizioni, sottrazioni e divisioni? Provate un po' a moltiplicare
MDCCCLXXXVIII per
MCMXCIX
siete in difficoltà? Ci credo. Con i numeri romani ade sempio non puoi scrivere numeri più grandi di MMMCMXCIX (3999) (a meno di usare simboli aggiuntivi) come o anche ad occhio dire subito dalla sua lunghezza quanto grande sia il numero. Rappresentarsi numeri grandi è molto più difficile in "romano", piuttosto che in "arabo" . E' per questo che questa rappresentazione simbolica dei numeri si trova oggi solo sui quadranti degli orologi di marca e non viene insegnata a scuola e si usa invece la notazione araba con lo "zero".
Come insegneremmo oggi la matematica avendo a disposizione solo i numeri romani? Probabilmente in modo molto diverso. Certo "II + II" farebbe sempre "IV", ma in maniera sottilmente differente e direttamente correlata con le "affordance" che possiede il sistema di rappresentazione romano. Ogni artefatto (concettuale o concreto) come lo hanno intepretato ad esempio Gibson o Norman, possiede delle caratteristiche sue proprie che influenzano non solo le modalità d'uso tradizionali, ma anche quelle potenziali.
Qualè la vostra idea di vacanza se possedete solo una bicicletta? Necessariamente le vostre potenzialità "vacanziere" saranno limitate e penserete in termini di "quanti Km. al giorno posso fare senza stancarmi troppo" o "Se piove dove mi riparo?" "Ci sono salite ripide?" Se avete l'auto
il vostro orizzonte concettuale si amplia sia in termini di distanze che di potenzialità, per esempio andare a 200 Km. e tornare anche in giornata. Con l'aereo cambia ancora il contesto...e così via.
Ora, tornando alle WebQuest, perchè si chiamano così e non "Bookquest" o EncicloQuest"? Perchè ovviamente usano il Web come "luogo cognitivo" ove effettuare ricerche su temi specifici e non libri o enciclopedie.
Ma se applicassimo il metodo delle WebQuest alle vecchie ricerche su libri ed enciclopedie cambierebbe qualcosa? I fautori del metodo "indipendente" dal contesto cognitivo (e credo anche Dodge) probabilmente risponderebbero di no.
Io invece sostengo di sì.
Vorrei convincervi quindi che *non è vero* che "Tutto sommato, il fatto che le risorse consigliate si trovino su Internet non è proprio essenziale."
Invece essenziale lo è. E come!
Proprio perchè il Web possiede delle affordance sue proprie che lo rendono diverso da un qualsiasi libro, enciclopedia o testo "old style". Anche solo perchè ogni link presente su una pagina web mi invita a cliccarlo e a seguire un percorso alternativo, o anche perchè l'uso di una search engine per approfondire un topic, mi regala qualcosa come 15.756 hit.
"WebQuests are for those times when you want to focus on history or astronomy or literature, not information literacy, and that's perhaps 80% of the time."
--dice Dodge---
Questo credo sia un fraintendimento interessante, dice - qui non si parla di teorie per mettere a punto strategie di ricerca efficienti, qui ho bisogno di trovare velocemente materiale, siti su storia, astronomia, letteratura, il tempo è denaro! E i docenti devono saperlo usare bene-
"Time is scarce everywhere and teachers need to use it well, so the "walled garden" of a WebQuest keeps everyone on task. The times for exploration and developing good search strategies are separate from this."
Qui sta il problema: il tempo dedicato allo sviluppo di buone strategie di ricerca *deve* essere incluso in tutto il processo, non va visto come una componente esterna e tutto sommato anche
sacrificabile perchè il tempo è poco. Quando usciranno dai walled garden gli studenti di tempo ne perderanno a ore, e proprio perchè non hanno sviluppato adeguate competenze nella ricerca e selezione delle informazioni nella Rete.
Le WebQuest sono quindi ottimi strumenti ma...per un "futuro anteriore". L'ecosistema del Web richiede ben altro: l'interpretazione che le WebQuest (ma anche altre attività didattiche simili) danno ai contenuti, ai link, alle pagine Web è ancora quella di una "base di dati", un "repositorio di contenuti", preso pari pari dal mondo enciclopedico e dei libri di testo scolastici: attenzione, le metafore che usiamo per descrivere il mondo sono sintomatiche (George Lakoff e Mark Johnson ci hanno ragionato un bel po').
Non possiamo usare la metafora della biblioteca per il Web, è fuorviante, è come chiamare l'automobile "carrozza senza cavalli" un qualche cosa che i cavalli li ha solo come parametro di misura per la potenza del motore.
Il Web non è più (se mai lo è stato) un luogo di contenuti, ma di flussi. Flussi generati da persone che usano i testi come significante intenzionale. I punti di riferimento sono perciò le persone che definiscono la loro identità dinamicamente attraverso la scelta del loro canali RSS, dei loro tag su del.icio.us, dei loro contatti su LinkedIn....
L'"Information Literacy" diventa allora una "Social Literacy".
Devono imparare ad aggregare flussi da fonti differenti ed eterogenee, e convivere
con la crisi del "principio di autorità" di cui le folksonomie sono solo la punta dell'iceberg. Quali sono gli indicatori che prenderò in considerazione per decidere se un flusso di una persona è degno della mia attenzione? L'autorità di una istituzione a cui esso appartiene? O l'autorevolezza di una persona riconosciuta come tale *non solo* dal mondo scientifico ed istituzionale, ma anche da una miriade di persone-flussi che lo accreditano come "trusted"? Ci era arrivato anche Tim Berners Lee, per il quale il problema fondamentale del semantic Web non è tanto la semantica in sè, quanto quello della fiducia. E Wikipedia? Non ci sono forse solo testi e anonimi per giunta? No, ci sono flussi di testi, in continua revisione da parte di persone-flusso la cui somma cumulativa di forze intenzionali genera testi a cui dare fiducia.
Datemi persone, non testi. (Hey,Teacher, gimme people, not text!)
P.S. -To Dodge
Thanks for your lines Dodge. Hope I explain well my thoughts and you can understand italian,
and, hopefully, my thesis.
"If you only have a hammer, you tend to see every problem as a nail".
Come sarebbe la nostra società oggi se avessimo continuato ad utilizzare i numeri romani per operare con le addizioni, sottrazioni e divisioni? Provate un po' a moltiplicare
MDCCCLXXXVIII per
MCMXCIX
siete in difficoltà? Ci credo. Con i numeri romani ade sempio non puoi scrivere numeri più grandi di MMMCMXCIX (3999) (a meno di usare simboli aggiuntivi) come o anche ad occhio dire subito dalla sua lunghezza quanto grande sia il numero. Rappresentarsi numeri grandi è molto più difficile in "romano", piuttosto che in "arabo" . E' per questo che questa rappresentazione simbolica dei numeri si trova oggi solo sui quadranti degli orologi di marca e non viene insegnata a scuola e si usa invece la notazione araba con lo "zero".
Come insegneremmo oggi la matematica avendo a disposizione solo i numeri romani? Probabilmente in modo molto diverso. Certo "II + II" farebbe sempre "IV", ma in maniera sottilmente differente e direttamente correlata con le "affordance" che possiede il sistema di rappresentazione romano. Ogni artefatto (concettuale o concreto) come lo hanno intepretato ad esempio Gibson o Norman, possiede delle caratteristiche sue proprie che influenzano non solo le modalità d'uso tradizionali, ma anche quelle potenziali.
Qualè la vostra idea di vacanza se possedete solo una bicicletta? Necessariamente le vostre potenzialità "vacanziere" saranno limitate e penserete in termini di "quanti Km. al giorno posso fare senza stancarmi troppo" o "Se piove dove mi riparo?" "Ci sono salite ripide?" Se avete l'auto
il vostro orizzonte concettuale si amplia sia in termini di distanze che di potenzialità, per esempio andare a 200 Km. e tornare anche in giornata. Con l'aereo cambia ancora il contesto...e così via.
Ora, tornando alle WebQuest, perchè si chiamano così e non "Bookquest" o EncicloQuest"? Perchè ovviamente usano il Web come "luogo cognitivo" ove effettuare ricerche su temi specifici e non libri o enciclopedie.
Ma se applicassimo il metodo delle WebQuest alle vecchie ricerche su libri ed enciclopedie cambierebbe qualcosa? I fautori del metodo "indipendente" dal contesto cognitivo (e credo anche Dodge) probabilmente risponderebbero di no.
Io invece sostengo di sì.
Vorrei convincervi quindi che *non è vero* che "Tutto sommato, il fatto che le risorse consigliate si trovino su Internet non è proprio essenziale."
Invece essenziale lo è. E come!
Proprio perchè il Web possiede delle affordance sue proprie che lo rendono diverso da un qualsiasi libro, enciclopedia o testo "old style". Anche solo perchè ogni link presente su una pagina web mi invita a cliccarlo e a seguire un percorso alternativo, o anche perchè l'uso di una search engine per approfondire un topic, mi regala qualcosa come 15.756 hit.
"WebQuests are for those times when you want to focus on history or astronomy or literature, not information literacy, and that's perhaps 80% of the time."
--dice Dodge---
Questo credo sia un fraintendimento interessante, dice - qui non si parla di teorie per mettere a punto strategie di ricerca efficienti, qui ho bisogno di trovare velocemente materiale, siti su storia, astronomia, letteratura, il tempo è denaro! E i docenti devono saperlo usare bene-
"Time is scarce everywhere and teachers need to use it well, so the "walled garden" of a WebQuest keeps everyone on task. The times for exploration and developing good search strategies are separate from this."
Qui sta il problema: il tempo dedicato allo sviluppo di buone strategie di ricerca *deve* essere incluso in tutto il processo, non va visto come una componente esterna e tutto sommato anche
sacrificabile perchè il tempo è poco. Quando usciranno dai walled garden gli studenti di tempo ne perderanno a ore, e proprio perchè non hanno sviluppato adeguate competenze nella ricerca e selezione delle informazioni nella Rete.
Le WebQuest sono quindi ottimi strumenti ma...per un "futuro anteriore". L'ecosistema del Web richiede ben altro: l'interpretazione che le WebQuest (ma anche altre attività didattiche simili) danno ai contenuti, ai link, alle pagine Web è ancora quella di una "base di dati", un "repositorio di contenuti", preso pari pari dal mondo enciclopedico e dei libri di testo scolastici: attenzione, le metafore che usiamo per descrivere il mondo sono sintomatiche (George Lakoff e Mark Johnson ci hanno ragionato un bel po').
Non possiamo usare la metafora della biblioteca per il Web, è fuorviante, è come chiamare l'automobile "carrozza senza cavalli" un qualche cosa che i cavalli li ha solo come parametro di misura per la potenza del motore.
Il Web non è più (se mai lo è stato) un luogo di contenuti, ma di flussi. Flussi generati da persone che usano i testi come significante intenzionale. I punti di riferimento sono perciò le persone che definiscono la loro identità dinamicamente attraverso la scelta del loro canali RSS, dei loro tag su del.icio.us, dei loro contatti su LinkedIn....
L'"Information Literacy" diventa allora una "Social Literacy".
Devono imparare ad aggregare flussi da fonti differenti ed eterogenee, e convivere
con la crisi del "principio di autorità" di cui le folksonomie sono solo la punta dell'iceberg. Quali sono gli indicatori che prenderò in considerazione per decidere se un flusso di una persona è degno della mia attenzione? L'autorità di una istituzione a cui esso appartiene? O l'autorevolezza di una persona riconosciuta come tale *non solo* dal mondo scientifico ed istituzionale, ma anche da una miriade di persone-flussi che lo accreditano come "trusted"? Ci era arrivato anche Tim Berners Lee, per il quale il problema fondamentale del semantic Web non è tanto la semantica in sè, quanto quello della fiducia. E Wikipedia? Non ci sono forse solo testi e anonimi per giunta? No, ci sono flussi di testi, in continua revisione da parte di persone-flusso la cui somma cumulativa di forze intenzionali genera testi a cui dare fiducia.
Datemi persone, non testi. (Hey,Teacher, gimme people, not text!)
P.S. -To Dodge
Thanks for your lines Dodge. Hope I explain well my thoughts and you can understand italian,
and, hopefully, my thesis.
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